Anna Karenina ed Emma Bovary, la Russia e la Francia ottocentesche, due mondi in sottofondo alle storie intense di queste due eroine decadenti, protagoniste di un libro sui generis che le avvicina fino a sfiorarsi, il romanzo epistolare Amiche di penna, edito da Mondadori. Le autrici Daniela Mastrocinque e Marosella Di Francia danno vita a una storia nella storia che, partendo da quanto Lev Tolstoj e Gustave Flaubert hanno lasciato in eredità alla letteratura mondiale, reinterpreta le loro vicende consegnandoci un “dietro le quinte” di queste vite autentico nella sua squisita umanità, del tutto possibile nelle dinamiche relazionali. Anna ed Emma ovvero due donne “diverse”, eroine decadenti, protagoniste di grandi passioni che le pongono in controtendenza rispetto alla loro contemporaneità: pronte a rincorrere i propri desideri, sono vittime di quella “melanconia” che sembra fare rima con l’insoddisfazione e la depressione dei giorni nostri, agitandole nel profondo, ma anche di amori tossici e, per dirla con il titolo di un episodio del nostro podcast, di stronzi della letteratura.

«Gentile Signora Karenina, mi dovete perdonare se ho fatto trascorrere tanto tempo prima di rispondere alla vostra lettera, ma quando me l’hanno consegnata, la scorsa estate, ero in condizioni davvero pietose. Non so dirvi di preciso di cosa abbia sofferto, ma un malessere diffuso e, a dire dei più, inspiegabile, mi aveva fatto perdere interesse alla vita. La mia malattia era come una specie di nebbia che mi offuscava la mente. Una paura indefinibile mi attanagliava la gola e un senso di gelo mi penetrava nelle ossa come se fosse inverno».
L’espediente narrativo che in Amiche di penna le avvicina è dei più classici ed efficaci, il carteggio, la corrispondenza epistolare, che qui ha un’origine meta-letteraria: l’epistolario di Abelardo ed Eloisa. Anna ed Emma si scrivono, si scambiano racconti più o meno futili, parlano di moda e di stoffe, ma dietro la necessità di riempire i vuoti di tempo si cela il bisogno di dare un senso ai vuoti di vita: ed è su questo binario che si gioca la relazione tra le due donne, le considerazioni sulle rispettive esistenze. Anna ed Emma appassionate e romantiche, sognatrici; illusa di aver superato la concezione della società russa la prima, incapace di mettere in pratica i tentativi di andare oltre la contemporaneità la seconda; vittime inconsapevoli di illusioni e bugie che non negano di scambiarsi, pur tra di loro. E anche per questo ciniche, a tratti egoiste, per certi aspetti deliranti, come in alcuni frangenti appaiono quando parlano dei rispettivi mariti, che vengono ritratti sotto una luce di “normalità” che quasi fa solidarizzare il lettore con questi due uomini, che fanno da sottofondo – seppur da lontano – all’intera storia, accompagnando sogni e disillusioni delle due protagoniste, quasi vittime loro stessi.
A chiudere il cerchio fa capolino, nel corso del romanzo, un’altra figura femminile della letteratura mondiale: Rossella Butler, nata O’Hara, chiudendo un interessante triangolo geografico tra Russia, Europa e Stati Uniti d’America. Con lei si declina un ulteriore aspetto caratteriale, la self-made-woman che tanto attrae la signora Bovary. Le energie delle tre donne sono, tuttavia, destinate a confluire nel più grande romanzo a cui ciascuna appartiene: Rhett Butler lascerà Rossella, mentre Anna ed Emma vanno incontro al loro destino.
«Non ho più niente. Ho perduto tutto, Anna… ormai, come dite voi, ci accomuna solo la solitudine, una sconfinata, infinita, solitudine».