Un doppio binario, due strade separate dal corso del tempo, dagli eventi che sembrano far annegare tutto nel passato, in una memoria mai sopita eppure mai dipanata fino in fondo, in un irrisolto che blocca le vite.
Due monconi inerti, due tempi apparentemente slegati, un prima e un dopo che non riescono a trovare il punto di incontro che dia senso e sostanza alle esistenze. Il buio dentro di Antonio Lanzetta (che abbiamo intervistato in questo episodio del podcast), La Corte Editore, è un thriller che appassiona e mantiene alta la tensione del lettore dalla prima all’ultima pagina, in un sussulto di emozioni che si rincorrono tra le parole, incollando gli occhi del lettore, incapace di abbandonare le pagine concitate.

Dopo lo short Nella pioggia, Lanzetta sceglie anche per Il buio dentro di ambientare la sua storia nel Cilento, nella provincia a sud di Salerno, in un paese immaginario – Castellaccio – che mantiene però inalterata la bellezza selvaggia dei luoghi originali, resi ancora più veri da una ricostruzione storica, sociale, antropologica, psicologica, capace di rendere bene i giochi di potere che hanno caratterizzato la cronaca nera di quella parte d’Italia negli ultimi anni.
La storia procede in un alternarsi tra presente e passato, tra il 1985 dell’adolescenza dei quattro protagonisti – Damiano, Flavio, Claudia, Stefano – e il 2016 del presente dei tre ragazzi ormai uomini, segnati per sempre dalla tragica morte di Claudia, avvenuta nell’estate del 1985, punto di non ritorno delle loro vite. Proprio la morte è il tassello che provoca l’effetto domino che riconduce tutto in superficie: il ritrovamento del cadavere di una giovane donna a cui è stata tagliata la testa, stesso rituale usato per Claudia, stesso scenario raccapricciante.
“Una pioggia sottile filtrava attraverso il fogliame, pizzicando la faccia come spilli e lavando via il sangue dalla pelle. Damiano guardò gli amici. Erano vecchi e spezzati, proprio come lui, ma nei loro occhi vide qualcosa. Un bagliore che gli diede coraggio”.
Il presente di Damiano e il passato di Flavio, le loro voci alternate, ci accompagnano nei meandri dell’animo umano, sondando nei cuori e nelle menti dei personaggi, ciascuno perfettamente delineato da Lanzetta, che conferma una grande attitudine e abilità nel “raccontare” i personaggi, le loro identità, le fisionomie psicologiche. Come Don Mimì, il nonno di Flavio, taciturno, a tratti violento e per questo temuto e rispettato, ma intimamente animato da un alto senso di giustizia e purezza: due anime, un doppio livello di consapevolezza, un gioco di ambiguità e dualità che fa da fil rouge per tutta la storia. Tensione e adrenalina scorrono abbondanti, anche mentre i quattro amici scorrazzano tra le colline di Castellaccio, un po’ come i “contemporanei” cinematografici protagonisti del film I Goonies ma con un finale, per i quattro di Lanzetta, che si rivela realmente “pauroso”. Alla ricerca escatologica del buio dentro nascosto in ciascuno di loro, alla ricerca di un bagliore di speranza che dia nuova luce alle loro vite.